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VIZZOLO
vizzolo@vespaclubditalia.it
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Il vespaclub Vizzolo, affiliato al
vespaclub
Italia, nasce nella primavera del 2005 come sezione autonoma del motoclub Vizzolo. I soci ed i simpatizzanti si ritrovano ogni primo venerdì
del mese presso la sede del Motoclub, a Vizzolo Predabissi presso il
centro socio culturale in via
Verdi 16 alle ore 21 circa.
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CULTURA VESPA
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Giorgio Bettinelli
un personaggio assolutamente da
conoscere
se ti piace leggere comicia dai
libri
oppure dal suo
blog e dal
funclub
Biografia:
(Tratta dal sito:www.zam.it)
Giorgio Bettinelli (Crema, 15 maggio 1955 –
Cina, 16 settembre 2008)
Si laurea in Lettere all'Università di Roma e dopo frequenti viaggi adolescenziali-giovanili, (Asia, Africa), canzoni, poesie, ect., esordisce
nel mondo teatrale con Gigi Proietti (Il Gaetanaccio, regia di Luigi Magni e
Il bugiardo di Goldoni, regia di Ugo Gregoretti, spettacolo per il quale
compone anche la canzone finale). Un Festival dei due Mondi a Spoleto
(Risorgimento, regia di Armando Pugliese), e il Capitan Fracassa di
Giancarlo Zanetti, nel quale è Scapino. Incide due 45 giri con Claudio
Mattone per la Ricordi. Poi parte per un anno in Monzambico al seguito di un
progetto Fao, un anno in India senza progetti e due in Indonesia, dove
scocca il colpo di fulmine con la vespa. Nel luglio del 1992 parte infatti
da Roma a bordo di una Vespa e nel marzo del 1993 raggiunge Saigon. Nel
1994-95, sempre in Vespa, copre i 36.000 chilometri che separano l’Alaska
dalla Terra del Fuoco. Nel 1995-96, con partenza da Melbourne in Australia,
arriva a Città del Capo e percorre in dodici mesi più di 52.000 chilometri.
Nel 1997 progetta il viaggio dal Cile alla Tasmania, attraverso Americhe,
Siberia, Europa, Africa, Asia e Oceania, per 150.000 chilometri nell’arco di
tre anni. Strada facendo ha scritto per: Tuttomoto, In moto, L'Unità, Boxer
de Il Manifesto ed il sito Internet della Piaggio. On the road ha anche
imparato sei lingue, nell'ordine: inglese, indonesiano, spagnolo,
portoghese, russo, francese. Con Lucio "Violino" Fabbri prepara un cd
musicale con 14 canzoni composte dallo stesso Bettinelli mentre era in giro
per il mondo, e ogni canzone ha uno scenario diverso, dall'India ai Caraibi,
dal Vietnam al Mozambico, dalle Alpi alle Piramidi eccetera, con altrettanto
dispendio di strumenti etnici.
Giorgio è morto in Cina il 16 settembre 2008, all'età di 53
anni per un malore improvviso. Lì viveva da quattro anni,
sulle rive del
Mekong, con sua moglie Yapei. Stava preparando un altro
libro, questa volta sul
Tibet.
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Giorgio Bettinelli: Solitario giro del mondo
con la Vespa e la chitarra |
di Giovanni Bogani, Tratto da "Gazzetta del
Sud", 13 gennaio 2004 |
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Prendere una
Vespa scassata, un giorno d'estate. Mettere la prima, andarci per un
po', senza casco, in calzoncini e ciabatte, in una strada polverosa
di Padangbai, in Indonesia. E prenderci gusto, vedere i bambini che
ti salutano guardandoti come un matto. Prenderci gusto, e non
fermarsi più. Fino a fare il giro del mondo. Dapprima un viaggio da
Roma a Saigon, durato 9 mesi e quarantamila chilometri. Poi uno
nord-sud dall'Alaska alla Terra del Fuoco. E infine un viaggio che
attraversa tutti i continenti, e praticamente tutte le terre emerse.
Traversando anche la Siberia, migliaia di chilometri senza neanche
una strada, portando la Vespa sull'erba gelata, sulla terra. Perché
lui ha fatto tutto questo con una Vespa, una normalissima Vespa PX,
quelle «con le frecce» che anni fa andavano di moda, e ora sono
state superate nel design dagli scooter leggeri del nuovo millennio.
Ma funzionano bene, le Vespe, eccome se funzionano. Giorgio
Bettinelli, milanese, ci ha fatto tre volte il giro del mondo, senza
praticamente sapere niente di meccanica. Neanche come si cambia una
candela, o il filo del gas. E la volta che ha rischiato di morire
non è stato per un pneumatico che scoppia o un motore che grippa, ma
perché i guerriglieri congolesi lo hanno imprigionato e trattato
come una spia. Condannato a morte. E salvato da uno di quei miracoli
che, negli ultimi dieci anni, hanno aiutato il suo cammino. Lo vedi
nelle foto, e Giorgio Bettinelli, non ha una faccia da folle, da
invasato, da temerario. Sembra un po' Marco Ferradini, quello di
«Teorema». Magro, sorriso, baffoni, sguardo quasi timido. Non
servono muscoli o pazzia per vincere una scommessa così grande.
Forse serve di più la ragionevolezza, la capacità di risolvere i
problemi senza perdersi d'animo. Giorgio Bettinelli in Africa,
Australia, America Latina, Siberia ci è andato con un paio di jeans,
una Vespa... e una chitarra. «Non la stessa», precisa. «Qualche
volta mi serve da antifurto: quando entrano, prendono la chitarra e
lasciano stare il resto». Con la chitarra, Giorgio Bettinelli ha
scritto, strada facendo, centinaia di canzoni. Adesso ne ha messe
alcune in un cd. Ha chiamato a raccolta alcuni amici musicisti, come
Lucio Fabbri della Pfm, e ha intitolato il cd «Dovunque sia». In
254.000 chilometri in giro dappertutto, ha imparato molto più di
musica che di meccanica: «ho ascoltato musiche etniche di tutto il
mondo. In compenso, non ho mai un cacciavite con me». Appunti di
viaggio non ne prende: aspetta gli intervalli tra un viaggio e
l'altro, per recuperare tutto quello che ha dentro gli occhi, e
scriverne. Il primo libro, «In vespa», pubblicato da Feltrinelli, è
stato un successo travolgente e inatteso. Tutti quelli in lista
d'attesa per un viaggio o un sogno l'hanno comprato. E il successo
ha spinto Feltrinelli a pubblicare anche il resto. «Brum brum»
racconta i suoi successivi tre viaggi, compresa la prigionia fra i
ribelli congolesi. «E «Brun brum 2», di prossima uscita, chiude
l'anello fino al presente. E nell'ultimo capitolo, fra un
vagabondare e l'altro, senza fissa dimora per scelta, c'è anche una
pagina importante: «tre mesi fa mi sono sposato con una ragazza
taiwanese, quella a cui è dedicato "Brum brum"». Ma sposarsi non
significa fermarsi, per lui. «In questi dieci anni continuati di
viaggi», dice, «sempre mi ritrovavo riflessa allo specchio una
faccia che mi piaceva. Una faccia che non avevo mai avuto, finché
restavo a casa mia». E così, ecco dieci anni di strade, e di mani
sulle manopoline di gomma di una Vespa, ogni giorno rischiato in
strade piccole, con camion che ti buttano fuori strada. Con una
fiducia incrollabile nella ragione e nel cuore della gente. «Non mi
sono mai portato una tenda. Preferisco una camera d'albergo, anche
miserrima. O persino bussare a casa di qualcuno. Ma così c'è un
contatto umano. Un viaggio da solo è tutto meno che un'avventura
solitaria», dice. «Uno che arriva da chissà dove, su una Vespa con
una chitarra nel portapacchi, è impossibile non rivolgergli la
parola». La vera solitudine, non lo dice ma di sicuro lo pensa, è
nelle nostre città. Semmai, il vero dolore è perdere ogni mattina i
luoghi e gli occhi che hai appena incontrato. «A volte, andarsene è
come farsi tagliare un braccio. Ma mai disperare. Si va, ma magari
dopo anni, si ritorna». E il suo libro è pieno di ritorni, di
persone incontrate per un giorno, in posti sperduti del mondo, e poi
ritrovate, dopo anni, come in una favola. E il freddo, la pioggia, i
fulmini, le malattie? «Quando piove, ti bagni e poi ti asciughi»,
dice. «Influenze vere, in dieci anni, nemmeno una. In compenso, per
due volte ho preso la malaria, in Africa». Ma niente sembra avere
scavato cicatrici in lui. E ti scopri a pensare che la vita può
essere più pesante, e più dura, e più amara, proprio quando cerchi
di viverla al riparo, dentro una casa riscaldata, cercando di
evitare il vento, la pioggia e l'imprevisto. |
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